mercoledì 14 maggio 2008

Competitività e sviluppo: è sempre una questione di Persone.....

26-03-2008 CentroNord Sole 24 ore
di Guido Caselli, direttore Area studi e ricerche Unioncamere Emilia-Romagna

“Resta fuori dal business chi non punta alla qualità”


Ad una prima lettura le statistiche relative all’anno 2007 sul commercio con l’estero delle regioni del centro-nord rivelano un sistema imprenditoriale ancora fortemente competitivo sui mercati internazionali, capace di consolidare la propria posizione nei Paesi tradizionali e, in alcuni casi, di acquisire nuove quote di mercato nelle economie emergenti. Tuttavia, se si esce dal dato aggregato e si osserva il fenomeno con sguardo più critico emergono alcuni aspetti che meritano di essere evidenziati. Il primo riguarda chi esporta. Ogni quattro imprese manifatturiere solo una di esse commercializza all’estero. Dunque, gli ottimi risultati conseguiti sui mercati esteri sono ascrivibili all’abilità di poche imprese di intercettare prima delle altre le dinamiche del settore, oppure alla capacità di alcune società di media o grande dimensione di trainare l’intera filiera, proponendosi come trait d’union tra la dimensione locale e la dimensione globale.
Resta il fatto che oltre tre quarti delle imprese manifatturiere non svolge attività commerciale fuori dai confini nazionali, un dato che assume maggior rilievo in questa fase economica dove la crescita è strettamente correlata alla dinamica della domanda estera.
Le statistiche congiunturali confermano che a realizzare incrementi nel volume d’affari sono le imprese che esportano e, in misura minore, quelle che con esse operano in un contesto di filiera. Al contrario, permangono notevoli difficoltà per le imprese escluse dal commercio con l’estero e che non hanno un sistema di relazioni radicato e diffuso, una condizione che accomuna molte aziende di piccola e piccolissima dimensione.
Un secondo aspetto che deve essere sottolineato è relativo a ciò che si esporta. Da alcuni anni è in atto un processo di trasformazione che sta gradualmente innalzando il livello qualitativo delle merci, una dinamica che non riguarda solamente i beni a maggior contenuto tecnologico, ma si estende a larga parte delle produzioni che connotano l’economia italiana, dalla metalmeccanica al sistema moda. Anche in comparti tradizionali e fortemente esposti alla concorrenza dei Paesi a minor costo del lavoro dove si è puntato sulla qualità le esportazioni sono aumentate in misura considerevole. Una qualità delle produzioni che deve essere intesa come una sommatoria di componenti, alcune tangibili – come il pregio delle materie prime o l’accuratezza della lavorazione – altre immateriali e non misurabili - come il livello di innovazione incorporato nel bene o il “saper fare”, la formazione del capitale umano.
Questi due aspetti – chi esporta e cosa si esporta – analizzati congiuntamente al dato aggregato sulle esportazioni, esplicitano un argomento spesso sottaciuto perché dato per scontato: la capacità di essere concorrenziali sui mercati esteri è un naturale esito di una competitività d’impresa da intendersi in una accezione più ampia, quella che pone al centro la creazione e la condivisione della conoscenza, la “via alta dello sviluppo”, come viene chiamata da più parti. Dunque, la conoscenza come differenziale competitivo e prodromo della capacità di esportare, una affermazione apparentemente banale, ma dalla quale discendono fondamentali implicazioni. La prima chiama direttamente in causa la cultura d’impresa e, in molti casi, una sua evoluzione. Essere concorrenziali sui mercati internazionali significa avere la visione per cogliere le opportunità offerte dall’appartenere ad una rete d’imprese, richiede la capacità di innovare e puntare sulla qualità, necessita di investimenti nella formazione delle persone. Ma ciò può non essere sufficiente se non vi è un’evoluzione anche da parte del sistema territoriale, della governance. Alle istituzioni e al mondo associativo è affidato il compito di creare le condizioni affinché la “via alta dello sviluppo” sia una strada percorribile dalla maggioranza delle imprese. Questo può avvenire solamente se si supera l’eccessiva frammentazione che ostacola la definizione di strategie condivise, stabili nel tempo e sulle quali le imprese possano fare affidamento.
In definitiva, solo attraverso l’evoluzione di entrambe le componenti - imprese e governance - ci potrà essere un rafforzamento della competitività dell’intero sistema territoriale e, conseguentemente, una crescita sui mercati internazionali estesa a larga parte delle imprese.

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