martedì 18 gennaio 2011

Sviluppo economico e leadership generativa

di Barbara Costantini Rivista Econerre 11.

Simon Evenett
Il penultimo seminario del
Programma internazionale di sviluppo
delle competenze economiche
e manageriali, organizzato
dal Ctc (Competence training center
– Centro di formazione manageriale
e gestione d’impresa) della Camera
di commercio di Bologna ha offerto
alla platea l’opportunità di conoscere
un grande esperto in
Commercio internazionale
e Sviluppo economico:
Simon Evenett
(Università St. Gallen,
Svizzera).
La prima suggestione
offerta dal professore
inglese, sul tema della
concorrenza dei mercati
emergenti, è quella di
porsi due domande
chiave: primo, la concorrenza è semplicemente
una questione legata a
costi o prezzi più bassi? Quindi, in
qualimodi la minaccia competitiva si
modificherà nel tempo?
L’utilizzo di uno studio chiarificatore
svolto dal Centro di ricerche francese
Cepii (per la direzione generale
Trade dell’Unione Europea) pone in
evidenza come – ad esempio nel
2005 – i 25 Paesi dell’Unione abbiano
mantenuto quasi costanti le loro
quote di mercato, così come i concorrenti
emergenti di India, Russia e
Brasile. Un forte balzo in avanti è
stato fatto dalla Cina (più 13,94) a
scapito di Usa (meno 7,63) e
Giappone (meno 9,26). L’aspetto
interessante ai fini della nostra analisi
è che i dati menzionati si riferiscono
a un particolare tipo di produzione,
quella caratterizzata da un
alto livello tecnologico, il che evidenzia
che nel settore manifatturiero
ad alto valore aggiunto le imprese
dell’Europa comunitaria sono
competitive. Mr. Evenett – che in
questo appuntamento presenta lo
stato dell’arte sugli studi più presti-
giosi relativi alla concorrenza dei
mercati emergenti – riporta una
ricerca realizzato dalla società Bcg
(Boston Consulting Group) tra il
2006 e il 2008, che ha l’obiettivo di
identificare i 100 giganti emergenti
– a vocazione globale-internazionale
– in qualità di “sfidanti” delle
imprese esistenti nelle economie
occidentali. Innanzitutto risulta che
34 “challengers” appartengono al
settore dei beni industriali, 17 a
quello estrattivo quale petrolio-gas,
14 producono beni di consumo
durevole, 14 cibo, bevande e cosmetici
e i restanti 21 altro (ad esempio
servizi bancari, finanziari). Le prime
tre nazionalità di appartenenza
sono Cina, India e Brasile e l’obiettivo
di divenire sempre più global,
per quasi tutto il campione, è quello
di avere accesso a nuova crescita e
profitto, grazie ai mercati esteri che
offrono opportunità di lungo-periodo
rispetto ai soli mercati domestici.
A questo punto il professore inglese
ribalta il punto di osservazione:
questi stessi giganti che riteniamo
una minaccia sono allo stesso
tempo una grande chance poiché
rappresentano potenziali clienti.
Bcg stima che nel 2007 (i nuovi dati
sono in uscita) i giganti abbiano
acquistato 500mila miliardi di dollari
suddivisi fra materie primeenergia,
parti e componenti e infine
servizi, mentre gli stessi acquisti in
R&S stanno cominciando ad
aumentare. La ricerca pone in luce,
infatti, un’altra tendenza: nel medio
e lungo periodo gran parte dei concorrenti
studiati lasceranno la strategia
“low cost” per assestarsi su
politiche di branding e di R&S. In
un paper della Harvard Business
Rev. (2006), Khanna e Palepu identificano
tre elementi alla base del
successo delle imprese emergenti
nell’assicurarsi profittabilità “a
casa”: il vantaggio di utilizzare la
conoscenza dei mercati locali per
offrire prodotti adeguati (esigenze
specifiche dei clienti domestici) e per
la ricerca di talenti e capitali, infine
la capacità di colmare, in qualità di
intermediari, vuoti istituzionali
legati a questioni legali e di informazione.
Mr. Evenett di nuovo mette in evidenza
come la stessa strategia – di
affermarsi prima sui mercati locali –
possa essere presa da esempio per le
imprese occidentali. Quali sono le
raccomandazioni chiave (anche alla
luce di altri studi citati di Kumar,
Bernard e Koete) che ci lascia l’economista
inglese? Innanzitutto, identificare
ogni aspetto della minaccia
competitiva da parte delle imprese
dei mercati emergenti (spesso non si
tratta del low cost). In secondo
luogo, approfittare del fatto che in
futuro queste imprese andranno
verso un maggiore valore aggiunto,
ma che ora non ci sono ancora arrivate.
Costatare, poi, come esistano
varie opportunità per le imprese
occidentali (la perdita di quote di
mercato, in altre parole, non è inevitabile).
Quindi, eliminare le opzioni
che sono attraenti solo in un’ottica
superficiale e, infine, valutare vie
alternative – prima menzionate –
attuando un’attenta pianificazione e
dedicando risorse ad hoc

L’ultimo ospite del ciclo dei seminari è
stato Robert Dilts, noto trainer internazionale
e consulente nell’ambito della
Programmazione neuro-linguistica Pnl presso
imprese quali Apple Computer, Hp, Ibm
ecc. Il concetto cardine su cui ha ruotato la
giornata è stato quello di leadership generativa,
ossia la capacità, da parte del leader, di
creare un mondo a cui le persone desiderano
appartenere. Nell’osservare e modellare
le organizzazioni di successo, Mr Dilts si
pone una domanda “incipit”: qual è la differenza
che fa la differenza? Successivamente
richiama l’attenzione sul tema del “fitness
per il futuro”, inteso qui come lo stato generale
di salute di un sistema e la sua capacità
di rispondere all’ambiente.
Alla base del fitness per il futuro troviamo la
capacità di adattamento e, come cornice
teorica – da cui partire per valutare la posizione
di un’impresa, ma anche di un essere
umano – un modello di cambiamento sistemico
(adaptive cycle) creato dall’ecologista
C.S. Holling. Il modello prevede quattro fasi
consequenziali: crescita-espansione (rapido
sfruttamento delle risorse); conservazione
(accumulo di risorse); collasso-distruzione
creativa (dovuta a intenso consumo o a
crisi); ri-organizzazione.
La leadership generativa richiede, a questo
proposito, una profonda e crescente consapevolezza
del ciclo adattivo sopra descritto,
per essere meglio preparati ad affrontare le
sfide e ad avvantaggiarsi delle opportunità.
Ma anche una ferrea disciplina, che può
essere articolata in cinque ulteriori regole,
identificate da Peter Senge (nel suo celebre
libro “Le cinque discipline”): primo, raggiungere
una propria abilità; secondo, sviluppare
maggior consapevolezza insieme a una valutazione
delle proprie mappe mentali e assunti;
terza “disciplina”, stare continuamente
nel processo di visione e creazione del futuro;
infine, incoraggiare l’apprendimento del
team e la sua intelligenza collettiva, fino a
sviluppare l’abilità del pensiero sistemico.
Mr Dilts ci ricorda anche la definizione di leadership,
ossia la capacità di esprimere una
visione, influenzare gli altri affinché raggiungano
risultati, incoraggiare la cooperazione
nel team ed essere un esempio. Questi elementi
trovano una buona corrispondenza
con le cinque discipline sopra citate. Come
possiamo porci allora di fronte a un problema
o a una sfida? Innanzitutto la logica
sistemica ci chiede di definire l’intero “spazio
del problema”, formato da elementi fisici e
non, quali relazioni, valori, percezioni e
assunti. Secondo, dobbiamo trovare uno
“spazio di soluzione”, usando altri tipi di
ragionamento rispetto a quelli che stanno
creando il problema (quest’ultimo è il gap fra
stato presente e stato futuro desiderato).
Il training operativo verso lo “spazio di soluzione”,
proposto da Mr Dilts, può essere sintetizzato
come segue: identificare in quale
ciclo ci troviamo, creare uno stato interno di
“coach” (centrato, aperto, consapevolevigile,
connesso, capace di “tenere”), esprimere
la visione su tre livelli (cognitivo,
“conosco la visione”, somatico, “la sento nel
corpo”, di campo, “la condivido e trasmetto
agli altri”), rimanendo ogni volta in uno
stato di coach. Quindi ulteriori step, che
andrebbero ancora descritti e approfonditi –
ha osservato Dilts – ma resta questa la base
da cui partire per “ampliare lo sguardo”.
Allo stesso tempo possono facilitare l’entrata
nello spazio di soluzione anche energie
“archetipiche” quali la forza (per fissare i
confini e restare coinvolti), la compassione
(per connetterci con gli altri in pienezza
emotiva) e lo humour (per trovare nuove
prospettive, essere creativi e fluidi). L’abilità,
trovandosi nella situazione reale di sfida, sarà
quella di utilizzare le tre energie in un mix
equilibrato, oltre a imporre a se stessi una
notevole disciplina quotidiana, fattore
comune a questo come a tutti i percorsi di
miglioramento.


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