martedì 28 dicembre 2010

Valorizzare le “debolezze” Il segreto del bravo coach

di Barbara Costantini Rivista Econerre 10-2010

Il terzo seminario del Programma internazionale di sviluppo delle competenze economiche e manageriali, organizzato dal Ctc (Competence training center – Centro di formazione manageriale e gestione d’impresa) della Camera dicommercio di Bologna ha visto il
gradito ritorno di Jan Ardui (psicoterapeuta della Gestalt, trainer internazionale di
Programmazione neurolinguistica ed executive coach per numerose aziende). L’apertura del professionista belga è proprio sulla definizione di chi è un vero coach: un facilitatore, piuttosto che
qualcuno con la risposta a ogni domanda e problema. Si tratta di una relazione adulto-adulto,
in cui un esperto incontra un altro esperto. Otto le regole d’oro di Jan Ardui per un coaching efficace: obiettivo chiaro – per esempio un rapporto migliore con i collaboratori – osservare ed
ascoltare, fare domande puntuali, riformulare ciò che dice il coachee, dare feedback e chiedere feedback, distinguere fra comportamento e intenzione, chiedendosi cioè cosa si vuole ottenere agendo in un certo modo. Quindi, se una cosa non funziona, fare altro, anche ripartendo da
zero – nell’esplorazione con il coachee – e risolvere, aggiungendo: se un cliente chiede di eliminare la timidezza che soffre durante i public speaking, il coach dovrà aiutarlo a
modificare il contesto in base alla timidezza e non ad eliminarla. Il coaching, insomma, è un processo che aiuta a mettere in luce le qualità e le debolezze di una persona, per poi sostenerla nell’utilizzare tutto ciò che essa è, anche nel ruolo professionale. Un altro elemento fondamentale del processo di coaching presentato – precedente a qualunque tipo di cambiamento richiesto – consiste nell’identificare il principio organizzativo che muove la persona e ne spieghi “il funzionamento”. Ciò avviene, comprendendo, insieme al cliente, come lavora la sua struttura superficiale (le espressioni, le azioni osservabili, ecc) e la sua struttura profonda (strategie, valori,
presupposti, ecc). Un principio organizzativo non è né buono né cattivo e, per trovarlo,
occorre un approccio non giudicante da parte del coach, la cui domanda base e guida di esplorazione dovrebbe essere: “Cosa ha bisogno di essere vero e di valore affinché una situazione,
comportamento, ciò che si osserva o ascolta sia così come è?” Secondo Mr. Ardui, il principio organizzativo contiene sempre complementarietà generative, ossia due poli lungo i quali
la persona oscilla nei diversi ambiti della sua vita. Identificare questo preziosissimo principio richiede – da parte del coach – la scoperta di routine nella vita del cliente e ogni tipo di
connessione fra la struttura superficiale e profonda, proprio per abbracciare la complessità che tutti noi siamo. Una domanda per iniziare la ricerca potrebbe essere relativa al tipo di
hobby preferito: se ad esempio amo nuotare, sono una persona che desidera fare le cose da sola, essere immersa completamente in ciò che faccio, appassionata nel lavoro “poiché sto
dentro”. Più quadri di questo tipo riesco a trovare, nel processo di coaching, più facilmente il principio organizzativo emergerà. Solo a questo punto posso passare – come cliente
–alla fase di cambiamento sfidante, utilizzando ciò che già c’è e che è stato reso visibile: le due complementarietà generative (alcuni esempi citati durante il corso sono stati “essere una persona che si snoda nelle situazioni” vs. “guardare in faccia le cose”, oppure “compassione vs. spietatezza”, ecc.). Il miglioramento delle performance nel ruolo – spesso obiettivo di un
percorso di executive coaching – è duraturo, quindi, solo se allineato alle peculiarità della persona, alla sua essenza. In questo modo il cliente cambia senza sforzo, in modo
naturale. Come ricordato anche in questa occasione, il feedback da coach a coachee aiuta il processo di visibilità e dovrà, di volta in volta, sostenere il cliente (feedback positivo),
riflettere ciò che è (feedback riflessivo) e introdurre differenze (feedback negativo).

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